16 Marzo 2020

Introduzione

“Lei era seduta nel suo ufficio e guardava fuori dalla finestra, riflettendo seriamente su una strategia da attuare quando il suo capo è entrato e l’ha trovata lì a < non fare niente >. 

Si è affacciato e le ha chiesto: 
< Cosa stai facendo? >.

Sorpresa nel bel mezzo delle sue riflessioni, lei ha risposto semplicemente:
< Pensando >. 

Il commento successivo è stato:
< E quando comincerai a lavorare? >”.


Questa breve intro è un piccolo estratto di un libro che ho letto qualche settimana fa “Nelle domande c’è la risposta” di Hal Gregersen.

Piccolo excursus
Stavo scrivendo questo post sui miei canali social quando mi sono accorta che le parole che volevo scrivere erano più di quelle che avevo immaginato, così ho deciso di riportare queste considerazioni in un luogo più appropriato. Qui, tra queste pagine del mio blog.

Se ci pensi un attimo siamo sempre meno in grado di pensare seriamente (perdona la ripetizione).

Anche quando abbiamo un po’ di tempo libero tendiamo sempre a consumare contenuti, siano questi di intrattenimento (es. musica, serie tv, etc. etc.) o informativi (es. quotidiani, telegiornali, riviste, libri, webinar etc. etc.) piuttosto che fermarci a pensare.

Spesso lo facciamo perchè quando pensiamo ci poniamo davanti a delle scelte, a delle domande scomode sulle quali non vogliamo interrogarci, a delle domande per le quali non esistono delle risposte pronte per l’uso.

In questi ultimi giorni mi sono fermata a pensare.

E l’ho fatto con più testa e meno pancia

Ho pensato da un lato a come impiegare questi giorni, e dall’altro a come evolvere successivamente sia a livello personale ma anche lavorativo

Ecco cosa non farò

1. Non regalerò consulenze o corsi di formazione

In questo periodo decine e decine di consulenti stanno regalando consulenze o corsi di formazione che fino a pochi giorni prima venivano venduti a caro prezzo, stanno realizzando webinar su webinar.

Quello che farò io è niente.

Niente inteso come non farò niente di tutto questo: non regalerò consulenze, non regalerò corsi di formazione mascherati da attività di generazione contatti.  

Quello che farò sarà invece continuare a lavorare ai progetti in essere sempre a stretto contatto (virtualmente) con i clienti

Dedicherò più tempo alle presentazioni dei prossimi eventi di formazione offline. Non a livello contenutistico, ma a livello di ornamenti grafici e stilistici. 

Continuerò a condividere – come sempre – contenuti di approfondimento su diverse tematiche legate al marketing e al prodotto cicloturistico di una struttura ricettiva sia in forma scritta (qui tra queste pagine) che in forma audio (via podcast).

Da un paio di settimane infatti ho iniziato a realizzare podcast

Alice Marmorini, il podcast
Alice Marmorini, il podcast

Cosa sono i podcast
Si tratta di note audio che vengono diffuse attraverso delle apposite piattaforme quali Spotify, iTunes, Google Podcast, Spreaker e così via.

Era da diverso tempo che volevo iniziare a realizzare contenuti in questo formato e l’occasione si è presentata proprio ad inizio febbraio quando diverse persone che mi seguono sui social mi hanno chiesto se il mio intervento di Hosp.itality sarebbe stato disponibile in formato audio.

Così ho colto la palla al balzo, ho studiato più nel dettaglio le strategie adottate da chi già realizza podcast da diversi anni ed ho sviluppato il mio format ancora in fase di ottimizzazione e miglioramento

Nei miei podcast parlerò di: 

– Speech di eventi di formazione che realizzerò offline in giro per l’Italia ai quali probabilmente non hai avuto modo di partecipare.

Ad esempio è già disponibile il podcast n.1 relativo al mio speech in Hosp.itality dello scorso 3 febbraio a Riva del Garda dove ho parlato di come sta cambiando il cicloturismo.

– Casi studio, strategie di marketing e molto altro ancora per albergatori ed operatori turistici che vogliono aumentare il loro fatturato con i cicloturisti.

Trovi già disponibile il podcast n.2 dove ho parlato di Hyatt Hotels Corporation e del potere di porsi domande piuttosto che fiondarsi subito sulle risposte.

– Non parlerò solo di marketing ma anche di aspetti legati al prodotto cicloturistico per una struttura ricettiva o destinazione.

Proprio in questi giorni sto lavorando al podcast n.3. Mi sono accorta che molti albergatori ancora non hanno ben chiaro cosa di intende per cicloturismo e cosa vuol dire essere un bike hotel o come dico io cosa vuol dire specializzarsi nell’accoglienza dei cicloturisti.
Con questa nota audio il mio intento è ripartire dalle basi e delineare il più possibile questo fenomeno.

2. Non realizzerò maratone di serie tv o shopping compulsivo

Nonostante quando inizio una nuova serie tv sono una praticante del cosiddetto binge watching: espressione che indica l’abitudine a guardare serie tv in streaming per molte ore di fila senza interruzione, non riempierò il tempo e le mie giornate in questo modo.

3. Non farò i rulli in casa

Chi mi segue sa che ho l’abitudine di concedermi almeno un’ora di attività sportiva al giorno. Attività sportiva che sintetizzo con andare in bici senza programmi prestabiliti, tabelle o tabelline. Andare in bici semplicemente per il piacere di pedalare.
Settimanalmente pedalo tra i 200 e 350 km a seconda degli impegni lavorativi. E ogni mese conto almeno 900-1.000 km.

Gli highlights del mio 2019, secondo le statistiche realizzate da Strava una settimana prima della fine dell’anno, sono stati i seguenti:

  • 533 ore di sport
  • 253 giorni attivi
  • 14.265 km totali (in realtà al 31 dicembre ho registrato 14.417 km)
  • 6h43min la mia attività più lunga
  • il sabato è il mio giorno d’oro
  • 129.393 m di dislivello totale raggiunto (equivale a scalare 14.6 Monti Everest).

Nonostante ciò in diversi mi hanno scritto chiedendomi se in questi giorni avrei impiegato quel tempo che dedicavo all’attività sportiva all’aria aperto ai rulli / ciclomulino in casa. La mia risposta è stata semplicemente no (suvvia non scherziamo! Non devo mica fare le gare – o meglio non più – o realizzare qualche QOM su Strava).
Impiegherò il medesimo tempo, nei medesimi orari all’allenamento funzionale per migliorare core stability e core strength.

Cosa è il core
Si tratta di una zona molto estesa che comprende i muscoli addominali, i muscoli paraspinali, il quadro dei lombi, i muscoli del pavimento pelvico, i glutei e i flessori dell’anca.

Addominali, glutei, lombari, trapezio e benessere psico-fisico ringraziano vivamente.

Direttamente dalle note del mio smartphone ecco alcuni esercizi (come vedi inglesismi a gogo, ma solo perchè si tratta di un contenuto a fruizione personale).

Allenamento funzionale Alice Marmorini

4. Non dedicherò più tempo alla lettura o alla formazione

Da un paio di anni ho deciso di dedicare dei momenti precisi della mia giornata alla lettura ed alla formazione. In particolare:

  • Mi sveglio presto la mattina intorno alle ore 6.00
  • Dedico 5 minuti a un paio di esercizi di stretching
  • Faccio colazione
  • Leggo per un totale di 45 minuti (libri, blog post, ebook), max 1 ora
  • Faccio la doccia
  • Inizio a lavorare intorno alle ore 8.00 – 8.30

Oltre a questo ogni settimana dedico almeno mezza giornata alla mia formazione. 

Fin da quando praticavo sport a livello agonistico ho sempre cercato di adottare l’approccio “minimo sforzo, massima resa”.

Approccio o per meglio dire forma mentis che ha raggiunto il suo apice durante il periodo dell’università. 

8 erano gli esami che dovevo sostenere il 1° anno della Facoltà di Economia.
9 il secondo anno.
8 l’ultimo anno con l’aggiunta della tesi di laurea.

Esami che contavano matematica generale e matematica finanziaria, diritto pubblico, microeconomia e macroeconomia, i temutissimi economia dell’organizzazione e diritto commerciale che mietevano vittime al solo pronunciarne i nomi.

In quel periodo avevo bisogno di un metodo. Un metodo che mi consentisse da un lato di continuare ad allenarmi e correre ai massimi livelli e dall’altro di dare gli esami, conseguire ottimi voti e non finire fuori corso (quest’ultimo lo avrei considerato una sconfitta atroce).

Così iniziai ad adottare la forma mentis del minimo sforzo, massima resa. Ogni giorno dedicavo massimo 3 ore del mio tempo allo studio. Ogni singolo giorno (esclusi i giorni di gara e i giorni dei ritiri collegiali – per mia fortuna molti pochi). 

Risultato? Ogni anno riuscì a sostenere tutti gli esami e alla fine mi laureai anche prima di alcuni compagni – e con una votazione maggiore – con i quali avevamo iniziato insieme l’università (rifiutando anche un paio di voti perchè non considerati all’altezza delle mie aspettative).

La Magistrale e il successivo Master internazionale di primo livello furono una passeggiata adottando costantemente questa forma mentis

Passeggiata determinata dal fatto che gli esami totali da sostenere durante la Magistrale erano appena 11. Quasi l’equivalente di quelli che sostenevo in un anno durante la triennale.

Archiviata la Magistrale a pieni voti e cum laude, decisi di abbandonare la carriera agonistica per mancanza di stimoli e di voglia. Avevo dedicato ben 17 anni della mia vita alla bici e all’età di 24 anni decisi che era il momento di porne fine.

Così quando frequentai il Master di primo livello avevo tanto tempo a disposizione da poter dedicare allo studio. Ma diversamente da quello che si può pensare continuai semplicemente ad adottare la forma mentis del minimo sforzo, massima resa.

I miei compagni non la comprendeva, mi additavano come la secchiona di turno. Non mi sentivo affatto tale.

Quello che feci fu semplicemente scomporre un problema ovvero “tante pagine da studiare”, in tanti piccoli problemi (poche pagine al giorno) così da rendere l’impegno giornaliero qualcosa alla quale non potevo proprio dire di no.

Ed anche in quel caso il metodo non fallì.

Quando arrivò il periodo degli esami ero rilassata, non avevo trascorso giorni e notti sopra ai libri, ero tranquilla. Altrettanto non potevano dirlo i miei compagni che avevano trascorso giorni e settimane chiusi in casa a studiare.

Conosci la storia di Michael Phelps?

Il nuotatore olimpico Michael Phelps è un altro esempio concreto. Da bambino gli fu diagnosticata la sindrome da deficit di attenzione e la maestra dell’asilo disse a sua madre: “Michael non sa stare fermo. Michael non sa stare tranquillo… Non è dotato. Suo figlio non sarà mai capace di concentrarsi su niente“.

Anche Bob Bowman il suo allenatore ha riferito che a partire dagli 11 anni Phels passava un sacco di tempo a bordo piscina perchè aveva un comportamento indisciplinato. Lo stesso cattivo comportamento ha continuato ad emergere di tanto in tanto anche da adulto.

Tuttavia ha stabilito dozzine di record mondiali. Nel 2004 ha vinto 6 medaglie d’oro e 2 di bronzo ad Atene e poi, nel 2008, altre 8 a Pechino, superando il leggendario Mark Spitz. Le sue 18 medaglie d’oro rappresentano un record per gli atleti olimpici di qualunque disciplina.

Ma come ha fatto a vincere così tanto?

A partire dai 14 anni e fino alle Olimpiadi di Pechino, Phels si è allenato 7 giorni a settimana, 365 giorni all’anno. Ha calcolato che allenandosi anche di domenica avrebbe ottenuto un vantaggio di 52 giorni di allenamento su tutti gli altri atleti. Ogni giorno stava in acqua anche 6 ore.

Phels ha canalizzato tutte le sue energie in una disciplina che si è trasformata in una consuetudine – nuotare ogni giorno.

Per tale motivo in questi giorni non mi dedicherò maggiormente alla lettura e alla formazione perchè è una parte integrante del mio quotidiano ogni singolo giorno dell’anno che mi permette di avere un vantaggio competitivo nei confronti di chi fa il mio medesimo lavoro.

Quello che farò invece sarà…

Dedicarmi a costruire nuove abitudini

Che ci piaccia o no, oggi ciascuno di noi è il risultato delle abitudini che ha adottato negli ultimi 5 anni e tra 5 anni sarà il risultato di quelle che decide di fare proprie da oggi.

Ogni cosa che oggi scegliamo di fare o di non fare è un voto a favore o a sfavore della persona che vorremo diventare.

Nel 2009 i ricercatori dell’University College di Londra si sono posti una domanda: quanto tempo ci vuole prima che si instauri una nuova abitudine? 

Erano alla ricerca del momento esatto in cui un nuovo comportamento diventa automatico o innato. Il punto di “automazione” corrispondeva al momento in cui i soggetti del test erano al 95% della curva di forza e l’impegno necessario per continuare era al livello più basso.

Per calcolarlo chiesero ad un gruppo di studenti di iniziare a fare esercizio e mettersi a dieta per un dato periodo di tempo, misurandone i progressi. 

Il risultato suggerì che occorre una media di 66 giorni per acquisire una nuova consuetudine. Tuttavia i valori complessivamente erano compresi tra 18 e 254 giorni ma il 66esimo rappresentava un punto cruciale: i comportamenti più facili richiedevano in media meno giorni e quelli difficili un tempo più lungo. 

I circoli di auto-aiuto tendono a spiegare che occorrono 21 giorni per ottenere un cambiamento, ma la scienza moderna non suffraga questa affermazione.

Ci vuole tempo per sviluppare una abitudine. E questo per me è il momento migliore per adottarne di nuove.


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