16 Aprile 2020

Come prendono le decisioni le persone?
Quali sono i fattori decisivi?
Godersi una rilassante settimana su una spiaggia in cui siamo già stati l’anno scorso oppure preferire una nuova destinazione dove poter arricchire il proprio bagaglio di ricordi? 

Questi sono solo alcuni degli interrogartivi che vengono sviscerati nel libro “Pensieri lenti e veloci” di Daniel Kahneman, psicologo e premio Nobel per l’economia.


Libro "Pensieri lenti e veloci" di Daniel Kahneman

Pensieri lenti e veloci
DA LEGGERE 🎖

LEGGI ANCHE: Il mio rapporto “odi et amo” per la lettura e i 25 libri che ho letto nel 2019


È un libro ricco di insegnamenti. Ne ho selezionati 5 (e più) che ti possono essere utili:

  • per le tue attività di marketing e di comunicazione: presentazione offerte commerciali, scrittura dei testi del tuo sito internet o dei tuoi strumenti.
  • nella selezione delle persone del tuo staff.
  • nella creazione di esperienze.

L’assunto di base è che raramente le scelte umane sono dettate esclusivamente dalla razionalità, anche quando sembrano molto, molto ponderate.

Probabilmente ti starai chiedendo cosa c’entra questo con l’accoglienza dei cicloturisti, con l’aumento del tuo fatturato.

Ed il motivo è presto detto, perchè le persone sono la pietra miliare del marketing. 

Perchè il marketing consiste nel comprendere i bisogni delle persone nel tentativo di fornirgli una soluzione. E noi non possiamo comprendere i loro bisogni senza prima imparare a comprendere la loro psicologia. 

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1.25" Partiamo dal sistema 1 della mente e sistema 2

Le decisioni che prendiamo tutti i giorni derivano dagli stimoli dettati dal cosiddetto sistema 1 della mente, quello primordiale, quello istintivo, quello che opera in fretta ed autonomamente, con poco o nessuno sforzo e senza nessun controllo volontario; piuttosto che dal sistema 2, quello lento, quello che indirizza l’attenzione verso le attività mentali impegnative che richiedono focalizzazione, come ad esempio i calcoli complessi.

Le azioni che vengono compiute dal sistema 2 sono molto spesso associate all’esperienza soggettiva dell’azione, della scelta e della concentrazione

2.00" Esempi concreti di attività svolte dal sistema 1 e dal sistema 2

  • Notare che un oggetto è più lontano di un altro
  • Orientarsi verso la sorgente di un suono 
  • Fare la faccia disgustata di fronte ad una immagine orribile
  • Leggere parole grandi sui cartelloni
  • Capire frasi semplici

Sono tutte attività automatiche attribuite al sistema 1.

Mentre:

  • Concentrarsi sulla voce di una particolare persona in una stanza affollata e rumorosa
  • Frugare nella memoria per identificare un suomo molto strano 
  • Dare a qualcuno il proprio numero di telefono
  • Confrontare il valore generale di due offerte o proposte commerciali

Sono tutte attività accomunate da una caratteristica: ovvero richiedono l’attenzione e sono annullate quando questa viene distolta. E queste attività vengono svolte dal cosiddetto sistema 2

2.57" Come funzionano il sistema 1 e il sistema 2

Entrambi i sistemi sono attivi quando siamo svegli. Il sistema 1 funziona in maniera automatica, mentre il sistema 2 è di norma in modalità di minimo sforzo e solo una piccola % della sua capacità viene utilizzata. 

Quello che succede è che il sistema 1 produce continuamente spunti per il sistema 2: impressioni, intuizioni e sensazioni. Se queste vengono corroborate dal sistema 2 si trasformano in credenze e gli impulsi si convertono in azioni volontarie.

In genere sistema 1 e sistema 2 funzionano in maniera efficiente per la maggior parte del tempo, perchè il sistema 1 sa fare molto bene il suo mestiere.

Ma però è soggetto ai dei BIAS, ovvero a degli errori sistematici che tende a commettere in circostanze specifiche

Ad esempio a volte risponde a domande più facili anzichè a quella più difficile che gli è stata posta, e ha scarsa comprensione della logica e della statistica. Un altro limite è che non si può spegnere. 

Così il sistema 2 deve vincere gli impulsi del sistema 1. In altre parole significa che è incaricato dell’autocontrollo. 

Ma entriamo più nel dettaglio del funzionamento di questi 2 sistema per trarre alcuni insegnamenti utili per le tue attività di marketing.

4.28" Effetto ancoraggio

Un esempio è il prezzo barrato nel preventivo che invii ad un cliente, oppure il prezzo barrato di una tua offerta commerciale, oppure ancora i prezzi di programmi fedeltà che in genere sono sempre 3. 

Esempio effetto ancoraggio
Esempio effetto ancoraggio

4.45" In cosa consiste questo effetto ancoraggio?

Te lo spiego attraverso due esempi che sono riportati nel libro.

Il primo esperimento ha riguardato dei giudici tedeschi che avevano in media oltre 15 anni di esperienza in magistratura.

In sostanza questi giudici lessero la descrizione di una donna che era stata sorpresa a rubare nei negozi, poi venivano lanciati un paio di dadi truccati che ad ogni lancio davano come risultato 3 o 9. Appena il dado si fermava, veniva chiesto ai giudici se avrebbero condannato la donna a un numero di mesi di carcere superiore o inferiore al numero che compariva sui dadi. 

Quello che è emerso è che in media quelli che avevano ottenuto 9 come risultato del lancio di dadi dissero che l’avrebbero condannato ad 8 mesi, mentre quelli che avevano ottenuto 3 dissero che l’avrebbero condannata a 5.

E questo succede perchè i meccanismi psicologici che producono l’ancoraggio ci rendono molto più suggestionabili di quanto in genere non vorremmo essere

5.46" Razionamento arbitrario

Gli effetti dell’ancoraggio spiegano anche perchè il razionamento arbitrario sia un’efficace trovata di marketing

Alcuni anni fa, i clienti di un supermercato nell’Iowa scoprirono che c’era una promozione per cui la zuppa Campbell veniva venduta con uno sconto del 10%. 

Certi giorni invece un cartello sullo scaffale diceva “Quantità  massima acquistabile per persone = 12 barattoli” (un po’ quello che è successo con i biscotti Nutella), e altri giorni diceva “Nessun limite alla quantità acquistabile per persona”. 

Quando c’era il limite i clienti compravano in media 7 scatolette, il doppio di quelle che acquistavano quando non c’era nessun limite

In questo caso però l’ancora aveva la funzione di ancorare il cervello ad un numero massimo di barattoli disponibili per la promozione, formando nel consumatore un’idea verso il basso del numero totale di disponibilità e quindi aumentando la spinta all’acquisto.

6.51" Come puoi sfruttare l’effetto dell’ancoraggio per le tue attività di marketing?

Ad esempio puoi farlo quando presenti il tuo preventivo o offerta ad un cliente che te ne ha fatto richiesta.

Invece di limitarti a scrivere il prezzo complessivo puoi andare  a scrivere qual è il valore di ogni singolo servizio compreso nell’offerta e alla fine presentare il prezzo complessivo valido se l’utente acquista o accetta questa offerta.

Ovviamente il prezzo complessivo dovrà essere inferiore al prezzo dato dalla somma dei singoli prezzi dei servizi.

7.44" Bias della conferma

Quando una persona è convinta che una conclusione sia vera, tende a credere alle argomentazioni che paiono corroborarla, anche se queste argomentazioni sono infondate. Tendiamo ad avere un eccesso di fiducia nelle nostre credenze personali.

In altre parole significa che le persone tendono a cercare solo le informazioni che confermano ciò che già credono. E dal nostro punto di vista significa dare informazioni agli utenti che si aspettano.

Per questo è veramente fondamentale realizzare dei sondaggi nei confronti dei nostri ospiti volti ad acquisire quante più informazioni possibili, volti a conoscere le sue credenze.

Perchè una volta che hai stabilito quali informazioni sono per il tuo target incontrovertibilmente vere, puoi condividere con loro quei messaggi, email, contenuti che si allineano al loro sistema di credenze. E facendo così quella persona sarà già d’accordo con te e la vendita sarà veramente facile

8.48" Effetto framing o di formulazione o della cornice

Modi di presentare le stesse informazioni spesso suscitano emozioni diverse. Per fare un esempio, la frase “questo prodotto funziona 8 volte su 10” ottiene risultati migliori di “il prodotto non ha funzionato due volte su 10”.

Entrambe le frasi dicono la stessa identica cosa ma per come sono formulate la prima sortisce un effetto positivo mentre la seconda un effetto negativo. 

9.26" Bias dell'illusione della verità

Indica la tendenza a ritenere che le informazioni siano corrette a causa della ripetuta esposizione ad esse. Maggiore è il grado di familiarità di un’informazione ovvero il fatto di possedere in memoria una certa informazione precedentemente acquisita (anche se in modo inconsapevole) e maggiore sarà la credibilità che questa assume, a prescindere dal reale stato di verità dell’informazione.

Questo spiega ad esempio l’efficacia delle campagne display di retargeting nei confronti di un visitatore del tuo sito internet che non ha effettuato una prenotazione o non ha raggiunto una degli obiettivi per te importanti come ad esempio la prenotazione appunto o l’invio di una richiesta preventivo o l’iscrizione alla newsletter, etc. etc. 

10.28" Bias del sennò del poi

Ha degli effetti davvero importanti sulle valutazioni dei decisori. Induce gli osservatori a valutare la qualità di una decisione in base non al fatto che il processo decisionale sia sano, ma al fatto che il suo risultato sia buono o cattivo.

Il senno del poi è particolarmente crudele con i decisori che agiscono a nome e per conto di altri, come medici, consulenti finanziari, allenatori di baseball, amministratori delegati, assistenti sociali, diplomatici, uomini politici. Tendiamo a incolparli delle decisioni buone che hanno avuto cattivo esito e a non apprezzarli abbastanza per le mosse efficaci che hanno compiuto e che sembrano ovvie solo a posteriori.

C’è un chiaro «bias del risultato». Quando i risultati sono cattivi, le persone spesso rimproverano a chi doveva prendere le decisioni di non avere visto la scritta sul muro, dimenticando che era stata fatta con un inchiostro invisibile divenuto leggibile solo in seguito. 

11.30" Esempio concreto del bias del sennò del poi

Facciamo un esempio concreto in pochi credevano nella diffusione delle cuffie wireless, ora dato che hanno successo allora tutti dicono “era ovvio che avrebbero funzionato”. Ti ricordo che sono nel 2019 sono state vendute 60 milioni di AirPods.

11.49" Intuizioni contro formule

Ha delle ripercussioni anche sul modo con cui selezioni le persone del tuo staff. Ovvero gli esseri umani si rivelano incorreggibilmente incoerenti quando formulano giudizi sommari su informazioni complesse.

Ad esempio nel libro l’autore narra di quando era un ventunenne tenente delle forze di difesa israeliane e gli fu ordinato di studiare un sistema di colloqui per l’intero esercito.

Quando gli fu affidata quella missione, esistevano già una routine di colloqui.

Ogni soldato arruolato nell’esercito veniva sottoposto a una batteria di test psicometrici e ciascun individuato potenzialmente idoneo al servizio sul campo doveva affrontare un colloquio con cui si valutava la sua personalità

Lo scopo era di assegnare alla recluta un punteggio di adattamento generale al servizio e di scoprire quale fosse, tra le varie branche, quella più adatta alla sua personalità: se la fanteria, l’artiglieria, i mezzi corazzati e così via.

Gli intervistatori erano a loro volta giovani coscritti, scelti per quel compito a causa della loro elevata intelligenza e dell’interesse a trattare con le persone. La maggior parte era costituita da donne, all’epoca esonerate dal combattimento. Addestrate per alcune settimane a condurre colloqui di 15-20 minuti, erano incoraggiate a toccare svariati argomenti e a farsi un’impressione generale del possibile rendimento della recluta nell’esercito.

Purtroppo le valutazioni a posteriori avevano già mostrato come le procedure dei colloqui non servissero affatto a prevedere il successo futuro delle reclute.

Gli fu ordinato quindi di studiare un tipo di colloquio che fosse più utile, ma non facesse perdere più tempo di quello esistente. 

Gli fu anche detto di collaudarlo e di valutarne l’efficacia. 

La conclusione alla quale arrivò è che i colloqui esistenti avevano, almeno in parte fallito perchè permettevano agli intervistatori di fare quello che ritenevano più interessante, ossia approfondire la dinamica della vita psichica degli intervistati.

Avrebbero dovuto invece usare il limitato tempo a disposizione per ottenere il maggior numero di informazioni specifiche sulla vita dell’intervistato nel suo ambiente normale

E per fare questo era necessario abbandonare la procedura in base alla quale le valutazioni globali che gli intervistatori facevano degli intervistati determinavano la decisione finale.

Quindi optò per una procedura in cui gli intervistatori valutassero parecchie caratteristiche importanti della personalità e assegnassero a ciascuna un punteggio distinto. Il punteggio finale di idoneità al combattimento sarebbe stato calcolato secondo una formula standard, senza ulteriori input da parte degli intervistatori.

Così elaborò un elenco di sei caratteristiche che apparivano importanti per il rendimento in un’unità di combattimento, tra cui «responsabilità», «socievolezza» e «orgoglio virile».

Poi ideò per ciascuna caratteristica una serie di domande riguardanti la vita dell’individuo prima dell’arruolamento, tra cui quanti lavori aveva fatto, quanto era stato regolare e puntuale nel lavoro o negli studi, con quale frequenza aveva visto gli amici e quanto si interessava allo sport e lo praticava. 

L’idea era proprio quella di valutare il più obiettivamente possibile quanto brava fosse stata la recluta in ciascuna di quelle dimensioni

In questo modo voleva eliminare le prime impressioni favorevoli in grado di influenzare i giudizi successivi.

Inoltre chiese anche agli intervistatori di vagliare le sei caratteristiche sempre nella stessa sequenza, valutando ciascuna su una scala da uno a cinque prima di passare a quella successiva. 

Inoltre informò gli intervistatori che non dovevano preoccuparsi del futuro adattamento della recluta all’esercito. Il loro compito era apprendere da ciascuno i dati pertinenti in merito al suo passato e usare tali informazioni per assegnare un punteggio a ogni dimensione della personalità. 

Furono condotti parecchie centinaia di colloqui con quel nuovo metodo, e pochi mesi dopo raccolsero i giudizi sulle prestazioni dei soldati dagli ufficiali che comandavano le unità a cui essi erano stati assegnati. 

I risultati furono sorprendenti. La somma dei sei punteggi prevedeva la prestazione dei soldati con molta più precisione delle valutazioni globali del precedente metodo di intervista, anche se i risultati erano tutt’altro che perfetti. 

I colloqui erano passati da «completamente inutili» a «moderatamente utili».

16.55" Insegnamento per la selezione delle persone del tuo staff

Quando selezioni una persona del tuo staff quello che dovresti fare è prima di tutto scegliere alcune caratteristiche che sono considerate prerequisiti del successo in quel tipo di lavoro (competenza tecnica, simpatia, affidabilità e così via). Non strafare: sei dimensioni  è un buon numero.

Le caratteristiche che scegli devono essere il più indipendenti possibile l’una dall’altra e devi sentire di poterle valutare in maniera attendibile attraverso alcune domande fattuali. 

Poi realizza una lista di tali domande per ciascuna caratteristica e rifletti sul punteggio che assegneresti a ognuna di esse su una scala da uno a cinque. 

Devi avere un’idea chiara di quello che definiresti «molto debole» o «molto forte». 

Questi preparativi dovrebbero portarti via una mezz’oretta, un investimento piccolo, ma capace di fare una notevole differenza nella qualità delle persone da assumere. 

Per evitare effetti alone, raccogli le informazioni su una caratteristica alla volta, assegnando un punteggio a ciascuna prima di passare a quella successiva.

Per valutare ciascun candidato, somma i sei punteggi. Poiché spetta a te la decisione finale, non ti conviene «chiudere gli occhi». Decidi risolutamente che assumerai il candidato il cui punteggio finale sarà il più alto, anche se ce ne fosse un altro che ti piace di più

Da innumerevoli ricerche risulta che è molto più probabile trovare il candidato migliore con questa procedura che facendo quanto fa di norma la gente in circostanze simili, ossia andare al colloquio impreparato e scegliere in base a un generale giudizio intuitivo, come «l’ho guardato negli occhi e mi è piaciuto quello che ci ho visto».

Tutte le volte che possiamo sostituire a un giudizio umano una formula, dovremmo almeno prendere in considerazione l’idea di farlo

18.57" I due sè

Questa tematica ha a che fare sulla creazione di esperienze.

L’esperimento che è stato condotto per spiegare l’importanza dei due sè è questo: in pratica ad un individuo veniva praticata ogni giorno un’iniezione dolorosa.

Il soggetto però non vi si adatta, perchè il dolore è lo stesso giorno dopo giorno

E la domanda che si pose è: "il soggetto assegnerà alla riduzione da 20 a 18 del numero di iniezioni programmate lo stesso valore che si assegna alla riduzione da 6 a 4?"

È evidente che ciascuno di noi pagherebbe di più per ridurre il numero di iniezioni di un terzo (da 6 a 4) che di un decimo (da 20 a 18): l’utilità decisionale di evitare due iniezioni è superiore nel primo caso che nel secondo, e tutti pagherebbero di più la prima riduzioni della seconda.

Ma se ci pensi bene questa differenza è assurda. Se il dolore non cambia da un giorno all’altro, "perchè mai si dovrebbe assegnare un’utilità diversa alla riduzione della quantità totale di dolore data da due iniezioni in meno, in base al numero delle iniezioni precedenti?"

Questo problema introduce l’idea che l’utilità esperita si potesse misurare in base al numero di iniezioni. Lasciava anche pensare che, almeno in alcuni casi, essa fosse il criterio con cui doveva venire valutata una decisione. 

20.44" Come calcolare l'utilità esperita?

Nel XIX secolo un economista britannico riflettè sull’argomento e suggerì l’idea di un edonimetro, uno strumento immaginario analogo ai congegni usati nelle stazioni meteorologiche capace di misurare il livello di piacere o di dolore esperito da un soggetto in qualsiasi momento dato

L’utilità esperita varierebbe, un po’ come accade con le temperature o la pressione atmosferica, e i risultati sarebbero tracciati in un grafico in funzione del tempo. 

Partendo quindi da questi assunsi venne progettato un esperimento. In pratica i pazienti venivano sottoposti ad una dolorosa colonscopia e veniva chiesto loro ogni 60 secondi di indicare il livello di dolore che provavano al momento

Lo zero indica zero dolore, mentre il 10 indica dolore intollerabile. 

Ovviamente l’esperienza dei pazienti variò molto durante la procedura che durò 8 minuti nel caso del paziente A e di 24 minuti nel caso del paziente B.

In tutto presero parte a questo esperimento 154 pazienti. 

Assumiamo adesso che ciascuno dei due pazienti A e B usassero la scala del dolore in maniera analoga, quale dei due soffri di più?

Non c’è storia.

Tutti sono d’accordo che il paziente B ha sofferto di più, perchè la pratica durò di più ben 24 minuti, e l'area sottostante la curva (che indica la quantità totale di dolore) è chiaramente più estesa per lui che per il paziente A.

Dati esperimento su utilità esperita
Dati esperimento su utilità esperita

Tuttavia quando la procedura terminò, ai partecipanti fu chiesto di valutare la quantità totale di dolore che avevano esperito durante la colonscopia. Quindi si cercava di incoraggiarli a pensare alla somma totale della sofferenza provata. 

Ma successe qualcosa di sorprendente, i pazienti non fecero niente di tutto questo. L’analisi statistica mise in rilievo due dati: 

  • La cosiddetta regola del picco-fine: ovvero la valutazione retrospettiva globale era ben prevista dalla media dei livelli di dolore riferiti nel momento peggiore dell’esperienza e al suo termine.
  • La disattenzione per la durata: la durata della procedura non aveva alcun effetto sulla valutazione del dolore totale. 

La peggiore valutazione (8 su una scala di 10 punti) era la stessa per entrambi, ma l’ultima prima della fine della colonscopia era di 7 per il paziente A e solo 1 per il paziente B (come si può vedere nella figura sopra).

La media picco-fine era quindi di 7,5 per A e solo 4,5 per B.

E quindi il paziente A conservava un ricordo dell’episodio molto peggiore del paziente B. Era stata la sfortuna a far sì che, nel suo caso, la procedura fosse finita in un brutto momento, lasciandogli un ricordo spiacevole. 

Quello che dimostra questo ed altri esperimenti che sono stati realizzati in questo ambito è che le valutazioni retrospettive sono insensibili alla durata e assegnano a due singoli momenti, il picco e la fine, pesi molto maggiori che altri altri.

Quello che succede in questo ambito è che entrano in gioco due sè

24.23" Sè esperienzale e sè mnemonico

Il sé esperienziale è quello che risponde alla domanda: «Fa male, adesso?». 

Il sé mnemonico è quello che risponde alla domanda: «Com’è stato, nel complesso?». 

I ricordi sono tutto quello che possiamo conservare della nostra esperienza di vita e l’unica prospettiva che possiamo adottare quando pensiamo alla nostra esistenza è quindi quella del sé mnemonico.

24.40" Quale dei due sè conta di più?

Il sé esperienziale non ha voce. Il sé mnemonico a volte si sbaglia, ma è quello che segna i punti, gestisce quello che apprendiamo dalla vita e prende le decisioni. Quello che succede è che si confonde l’esperienza con il ricordo, e si realizza una sostituzione, una illusione cognitiva che ci fa credere che un’esperienza passata possa essere rovinata.

A questo punto ti chiederai “si Alice ma noi non siamo medici o dottori, cosa c’entra con il nostro business?” 

La regola del picco-fine spiega perfettamente perchè quando le persone valutano un’esperienza, tendono a dimenticare la durata della stessa o comunque ad ignorarla e tendono invece a valutare l’esperienza in base a due momenti:

  • Il migliore
  • O il peggiore

Il cosiddetto appunto picco-fine. Infatti quando valutiamo le nostre esperienze, non facciamo la media delle sensazioni che abbiamo provato minuto per minuto. Ma tendiamo a ricordare dei momenti particolarmente rappresentativi. 

Prendi quindi adesso la scelta di una vacanza. Vuoi goderti una rilassante settimana su una spiaggia in cui sei già stato l’anno scorso oppure preferisci una nuova destinazione dove poter arricchire il tuo bagaglio di ricordi? 

Osservando l’avidità con cui molti turisti scattano le loro fotografia viene da pensare che archiviare ricordi sia spesso un obiettivo importante, al punto da condizionare non solo la pianificazione delle proprie vacanze ma anche l’esperienza che se ne fa. 

Chi fotografa non considera la scena un momento da assaporare, ma un ricordo futuro da costruire. A volte le fotografie sono utili al sé mnemonico, anche se non le guardiamo quasi mai così a lungo o di frequente come avremmo pensato, e anche se in alcuni casi non le guardiamo proprio mai; ma non è detto che fotografare sia il modo migliore, per il sé esperienziale di un turista, di godersi il panorama.

In molti casi noi valutiamo le vacanze in base alla storia e ai ricordi che prevediamo di registrare. La parola «memorabile» è spesso usata per descrivere i clou delle vacanze, e rivela esplicitamente lo scopo dell’esperienza. 

Un’esperienza che ci si confessa essere memorabile acquista un peso e un significato che altrimenti non avrebbe.

Ed Diener e la sua équipe fornirono prove del fatto che è il sé mnemonico a scegliere le vacanze.

Dissero agli studenti volontari di tenere un diario e scrivere ogni giorno una valutazione delle loro esperienze durante le vacanze primaverili. Gli studenti diedero anche una valutazione globale della vacanza, quando fu terminata, e poi precisarono se intendessero ripeterla oppure no. 

Dall’analisi statistica risultò che le intenzioni riguardo alle vacanze future erano interamente determinate dalla valutazione finale, anche quando quella valutazione non descriveva con cura la qualità dell’esperienza di cui si dava conto nel diario. 

La gente sceglie in base al ricordo quando deve decidere se ripetere o no un’esperienza.

Questo significa che devi lavorare nel costruire dei momenti di elevazione: ovvero esperienze che si collocano al di sopra della quotidianità. Istanti da assaporare. Attimi che ci fanno sentire coinvolti, felici, stupiti, motivati. 

In altre parole devi costruire dei picchi. Perchè se non sei in grado di crearli e di pianificarli accuratamente la permanenza degli ospiti nella tua struttura ricettiva si riduce a un’esperienza quasi sempre dimenticabile

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